In questi giorni, in cui si sono susseguite molte ipotesi sulla prosecuzione della didattica a distanza, sulla modalità di riapertura della scuola pubblica a settembre e sulle tante idee e opinioni che si sono avvicendate sulla questione, noi della DTC, quale scuola privata di lingue e di attività educative in generale, ci siamo interrogati sul futuro dell’istruzione.
Vogliamo essere la scuola all’avanguardia e sempre aperta a tutte le idee e proposte, valutiamo possibilità che possano sviluppare le capacità di apprendimento dei nostri studenti, basandoci sulla nostra esperienza, sull’empatia e la valorizzazione di ogni studente singolo e rapportato al gruppo: non esiste lo studente sbagliato o giusto, esiste lo studente con le sue capacità, il suo carattere, le sue propensioni, le sue sicurezze e insicurezze. Il compito di noi insegnanti sta nell’insegnare il valore dello studio, la passione dell’apprendimento, il superamento delle incertezze e delle paure, la voglia di imparare per imparare, non solo per il voto. La votazione è necessaria per la valutazione dell’apprendimento, ma non deve essere uno scoglio insormontabile che provoca stress. La votazione è uno strumento, non un fine.
Stiamo cominciando ad esplorare il mondo dell’home schooling, ovvero l’insegnamento o educazione o istruzione parentale, ovvero seguire l’istruzione dei propri figli senza mandarli a scuola.
Siamo rimasti sorpresi, perché eravamo convinti che l’istruzione obbligatoria fino ai 18 anni fosse possibile solo ed esclusivamente attraverso la scuola statale o paritaria legalmente riconosciute, ma non è vero: in Italia non è la scuola a essere obbligatoria ma l’istruzione. In Italia l’istruzione parentale è perfettamente legale ed è una delle possibilità di istruzione sancite nella nostra Costituzione. L’articolo 34 della Costituzione Italiana recita: “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. Quindi è l’istruzione ad essere obbligatoria, ma non la scuola”. Inoltre l’articolo 30 recita: “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”. Sottolineando che l’istruzione dei propri figli è in primis una responsabilità dei genitori, non dello Stato.
Detto questo, anche se la nostra analisi non è al momento completa e soddisfacente, crediamo che questa possa essere una opportunità che molte famiglie adotteranno nel futuro.
Alla luce di altri letture che abbiamo effettuato in relazione alla generale e scarsa conoscenza delle lingue straniere in seno alle scuole (“Inserito per legge già dalle elementari e obbligatorio come lingua di espressione per una delle materie della maturità, in realtà l’inglese resta uno dei punti deboli del nostro sistema scolastico: lo si studia poco e male ed è lasciato alle famiglie di provvedere a farlo imparare ai figli…. chi vorrà dimostrare la propria preparazione, dovrà rivolgersi a enti certificatori privati, o aspettare di sostenere l’esame all’università.“) e attestato dalle prove invalsi degli anni passati (“Le carenze partono da lontano: «Alle medie, dove i livelli delle prove erano l’A1 e l’A2 (livelli «contatto» e «sopravvivenza» del sistema QCER), solo il 55% dei ragazzi è arrivato al livello più alto». Una forbice che si allarga, andando avanti…”), siamo convinti che lo studio delle lingue straniere verrà sempre più dirottato verso le scuole private e al superamento di esami certificati a livello internazionale, gli unici riconosciuti a livello universitario e lavorativo.
La scuola pubblica (si parla in linea generale, consapevoli che ogni istituto scolastico è diverso e che esistono molte strutture altamente qualificate) ha mostrato e dimostrato, soprattutto in questo periodo di emergenza, i suoi limiti e la necessità di un miglioramento e cambiamento radicale alla sua base che le scuole private capaci (anche qui siamo consapevoli che molte strutture private sono carenti e e poco professionali) hanno colto già da anni e stanno già, da anni, colmando.
Potremmo noi scuola private, insieme ad una nuova visione da parte delle famiglie, essere la soluzione ai vuoti della scuola pubblica?